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Gianandrea Gavazzeni

(Bergamo, 25 luglio 1909 - Bergamo, 5 febbraio 1996)

Direttore d'orchestra, compositore, critico musicale e saggista italiano, Gianandrea Gavazzeni inizia la sua formazione musicale in famiglia. Il padre Giuseppe, avvocato e deputato al Parlamento del Partito Popolare, era un appassionato conoscitore di musica e organizzatore di stagioni operistiche. La madre invece lo aiuta a familiarizzare con il teatro di prosa.

Studia al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma ed entra nel 1925 nel Conservatorio di Milano, allievo nella classe di pianoforte di Renzo Lorenzoni e nella classe di composizione di Vincenzo Ferroni, Ildebrando Pizzetti e Mario Pilati. Gli anni dell'apprendistato e della formazione sono importanti anche sotto il profilo degli incontri. Gavazzeni ha modo infatti di seguire tutti gli spettacoli diretti da Arturo Toscanini al Teatro alla Scala tra il 1924 e il 1929.

Gavazzeni esordisce come compositore sulle orme del suo maestro Pizzetti. Frequenti nella sua produzione sono i riferimenti a Bergamo e alla bergamasca, dal Concerto bergamasco ai Canti per Sant'Alessandro (patrono della città), dalle Cantate su Iscrizioni di Meridiane (raccolte da Luigi Angelini) ai Notturni di bevitori bergamaschi, dal Dialogo per tenore, baritono e orchestra dedicato a Martinengo a i Concerti di Cinquandò (toponimo che indica una campagna sulle rive della Tremana dove i Gavazzeni trascorrevano le estati). Nel 1935 Gavazzeni scrive per la stagione lirica del Teatro Donizetti di Bergamo l'opera Paolo e Virginia su libretto di Mario Ghisalberti ispirato all'omonimo romanzo di Jacques-Henri Bernardin de Saint-Pierre e incentrato sul dramma dell'amore totale e tragico di due giovani immersi in una natura incontaminata. L'opera è assai importante soprattutto perché lo inizia all'esperienza importante del Teatro delle Novità che prenderà avvio due anni più tardi su iniziativa di Bindo Missiroli e Franco Abbiati, con l'appoggio dello stesso Gavazzeni e di Sandro Angelini. Si tratta di un interessante e per certi versi unico tentativo, come afferma lo stesso Missiroli, di "incoraggiare i giovani musicisti a riavvicinarsi al teatro lirico nell'intento di non interrompere la tradizione e allo scopo di galvanizzare, vivificandolo, l'immenso patrimonio lirico nazionale che altrimenti corre il rischio di trasformarsi in materiale da museo". Con il 1949 Gavazzeni interrompe la sua attività compositiva, giudicando la propria produzione "di astanza anacronistica" e costringendolo così ad "autosepoltura avanti sopravvenissero le "leggi eccezionali" dell'Avanguardia Ufficiale". A tale riguardo commenta Goffredo Petrassi, amico personale di Gavazzeni "con quella coscienza critica che lo distingue si è avveduto che la composizione non era nella sua natura e quanto scriveva gli appariva soprattutto un riflesso dell'esperienza di Pizzetti, di cui era stato allievo".

A partire dal 1933 ha inizio per Gavazzeni l'attività di direttore d'orchestra. La prima occasione gli è offerta dall'orchestra EIAR di Torino mentre poco più tardi sarà maestro sostituto alla stagione del Teatro delle Novità di Bergamo. Inizia così un'ininterrotta attività che lo porterà a dirigere nei teatri più importanti in Italia ed all'estero. È del 1944 il suo primo contatto con l'Orchestra del Teatro alla Scala di Milano con l'opera Il campiello di Ermanno Wolf-Ferrari cui seguono le direzioni della Mavra di Igor Stravinskij e de La pulce d'oro di Ghedini. Dopo la guerra, nel 1948, Gavazzeni dirige a Bergamo la Messa da Requiem di Gaetano Donizetti ponendosi così all'origine del fenomeno della Donizetti's Renaissance. Memorabile è tutt'ora giudicata la sua direzione di Anna Bolena con Maria Callas che riporta nel repertorio mondiale il capolavoro dimenticato del maestro bergamasco. Un'altra importante occasione fu quella realizzatasi nel 1950 con la direzione della prima esecuzione moderna dell'opera di Gioacchino Rossini Il Turco in Italia, che ha come protagonista un'inedita Maria Callas nel ruolo di cantante "buffa".

Gavazzeni è lontano per scelta e per indole dallo star system dei direttori d'orchestra, non ama incidere registrazioni discografiche, resta insofferente nei confronti delle scelte registiche che nel 1955 giudica "presuntuose avventatezze... a danno dell'esecuzione musicale". Nel suo panorama esecutivo ama includere pagine sinfonico-orchestrali, appartenenti soprattutto al periodo romantico, tardoromantico e al primo Novecento. Coltiva nel corso di tutta la sua attività idee chiarissime sulla tecnica esecutiva sostenendo tra l'altro che non si impara a dirigere e non si impara dagli altri direttori, mentre "è sulla propria pelle che si impara". Sostiene a più riprese che la musica è da vedere, non solo da ascoltare (e questo vale non solo per l'opera lirica ma anche per i concerti). Famose le sue polemiche contro la filologia dichiarata quando serva solo a coprire una pressoché assoluta mancanza di ispirazione. Con sapiente arguzia Gavazzeni ebbe a rispondere a chi lo interrogava sul "tempo giusto" di un determinato brano che "il tempo giusto è quando c'è bel tempo e non piove". L'assoluta fedeltà al testo è per Gavazzeni un'idea gretta che "va contro i valori estetici della musica e va contro la storia. La storia che non è mai ferma". Il critico musicale Fedele D'Amico affermò, a proposito delle sue interpretazioni, che "non sono soltanto esecuzioni incantevoli: sono silenziose e trasparentissime esegesi, che dicono più d'un commento scritto".

La vis polemica di Gavazzeni è stata pari alla sua energia vitale. Gavazzeni non lesina critiche a politici (nel 1988 accusò l'allora ministro Carraro per i tagli alla musica) e registi (risaputa la sua scarsa stima nei confronti di Luca Ronconi), ma non fu leggero neppure con se stesso. Ebbe intuizioni che spaziavano oltre i territori musicali, come quando suggerì che l'Adagietto dalla Quinta Sinfonia di Gustav Mahler poteva essere la colonna sonora più adatta per un film ispirato a La Morte a Venezia di Mann qualche anno prima che Luchino Visconti la utilizzasse per il proprio lavoro.

Quanto alla sua attività di scrittore, Gavazzeni fu letterato finissimo (lui per la verità si definiva "scrittore irregolare"). I suoi scritti più incisivi sono quelli che appartengono al genere diaristico e vanno annoverati tra gli esempi più autorevoli del nostro tempo. Come afferma il critico Ermanno Comuzio "attraverso i diversi paesi che l'autore ha conosciuto, definiti nelle loro caratteristiche nascoste, non nella turistica superficie, si annida sempre la presenza del luogo natìo, si sentono l'eco delle campane di Bergamo e il suono aspro del dialetto, si rivedono la casa di Arlecchino e i personaggi del Moroni e del Piccio".

Si ricorda infine che nel 1985 a Gianandrea Gavazzeni è stato conferito il premio "Una vita per la musica".

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creato:venerdì 7 dicembre 2012
modificato:martedì 14 febbraio 2017