Bologna tra le corde
Daniele Dall'omo- chitarra
Antonio Stragapede- chitarra
Ho ascoltato Dall’Omo e Stragapede una fredda sera di febbraio a Bologna, in uno spazio nuovo, riverniciato e ripulito di recente e tutto sapeva di fresco. In quell’occasione, nell’intervallo del concerto, ho ricordato al pubblico, che era dolcemente annichilito dalla bellezza dell’esecuzione dei due chitarristi, le parole di Bruno Schulz, grandissimo scrittore polacco ucciso per scherzo da un nazista perché ebreo: “La voce tremava, sotto quei nuovi cieli, sonora e chiara come in una casa ancor nuova e vuota, piena soltanto di odori di vernice e di pittura, di cose incominciate e non provate. Con una strana emozione si sperimentava una nuova eco...”
Ecco la sensazione di quella sera, ascoltando le due chitarre rincorrersi in modo limpido, intrattenersi nel virtuosismo tecnico e subito dopo nella dolcezza e nell’attesa nostalgica, e ancora più avanti nel contrappunto entusiastico: poter partire per un viaggio nuovo, tutto nuovo, e portarsi dietro la memoria, la propria storia, i linguaggi del proprio sentire il mondo. E tra questi la musica, anche quella appena ascoltata, con la sua specifica identità di essere fatta proprio di “nuovo” e di memoria.
Ho poi potuto approfondire come il lavoro di Dall’Omo e Stragapede contempli percorsi suggestivi: l’uso di due chitarre realizzate dai liutai bolognesi Stanzani Giancarlo e Luca, che si rifanno ai modelli delle chitarre di Mario Maccaferri, un mitico personaggio di Cento. Fu lui a creare negli anni trenta le chitarre Selmer-Maccaferri, amate specialmente dagli artisti che praticavano la musica manouche (i nomadi manouche sono i discendenti del ceppo zingaro più antico) e – tra questi – dal più grande e indimenticabile, Django Reinhardt, lo zingaro chitarrista più famoso del novecento, artefice delle notti parigine con il quintetto dell’Hot Club de France.
Nel loro repertorio, Dall’Omo e Stragapede hanno inserito una serie di brani ripresi dalla tradizione bolognese, tra valzer e polca, e li hanno impreziositi con i loro arrangiamenti di alta tecnica, per cui si crea una felice combinazione di popolare e colto, che ha molto da dire in un’epoca di omologazione delle espressività. L’arte è sempre manutenzione poetica dei linguaggi, contro il grigiore comunicativo moderno, amplificato da una comunicazione mediatica sempre più bulimica e inautentica. Quella sera, prima di ogni brano di Dall’Omo e Stragapede calava tra di noi un silenzio quasi religioso. Volevamo solo sentire, senza disturbi. Contro il frastuono del mondo a volte desideriamo il silenzio e in talune circostanze il desiderio di silenzio diventa desiderio di musica.
La musica contenuta in questo cd è il racconto poetico della memoria di ognuno, fatta di piccoli suoni, note, giri di chitarra,… che parla dello stare lontani da Bologna, dell’amore finito, delle feste estive… dell’essere nomade. è il racconto poetico della non-storia, della non-poesia, del non-stare-bene-con-gli-altri, di tutto quello che caratterizza il disagio contemporaneo e la paura di sentirsi circondati, aggrediti, assaliti… Ecco il lato salutare, terapeutico, di questa musica: ci massaggia l’anima, toccando fili sottilissimi della memoria, ci ricorda che c’è stato un mondo, e non possiamo dimenticarlo se vogliamo essere moderni.
Franco Iannelli
Contatti
- daniele.dallomo@libero.it
- www.danieledallomo.com
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creato: | sabato 27 novembre 2010 |
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modificato: | sabato 27 novembre 2010 |