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Brani di Johann Sebastian Punk

Johann Sebastian Punk

Magazzini Sonori

Secondo una balzana quanto intrigante teoria formulata nel corso degli anni da diversi studiosi della vita di William Shakespeare, la città d'origine di colui che è universalmente riconosciuto come il più grande drammaturgo d'ogni tempo non sarebbe, così come tutti noi abbiamo appreso dai libri di scuola, Stratford-upon-Avon, bensì Messina.

Per quanto la storia abbia dell'assurdo, la quantità di coincidenze a suffragio dell'ipotesi che non si tratti di mera manipolazione storica è assai consistente. A Massimiliano Raffa, anch'egli nato a Messina, sebbene nell'aprile del 1989 e non del 1564, questa irragionevole teoria convince. Se così non fosse, non potrebbe esistere Johann Sebastian Punk. Perché mai?, qualcuno potrebbe lecitamente domandarsi. La risposta a questo quesito costituisce la biografia stessa di Johann Sebastian Punk.

Johann Sebastian Punk nasce quasi casualmente tra il 2010 e il 2013, laddove gli anni delle sperimentazioni giovanili di Massimiliano Raffa sembrano volgere al crepuscolo e la ricerca per la melodia perfetta comincia a divenire un'ossessione. Johann Sebastian Punk parla e canta in inglese. È un inglese artefatto, goffo, parodistico, volutamente caricaturale, sgrammaticato, incomprensibile, molto simile a quello parlato da quel Michelangelo Florio – figlio di Guglielma Crollalanza – appena approdato a Londra. Johann Sebastian Punk parla la lingua franca, la lingua universale, la lingua di un mondo che sembra quasi chiederle in ginocchio di essere imprecisa, impura, distante da quella perfezione che l'ormai cresciuto William Shakespeare fu capace di conferirle. E il mondo a cui si rivolge è quello della musica, che osserva beffardo e nostalgico roteare a vuoto.

Trae il suo nome dal compositore che la musica l'ha portata all'apice della complessità e dalla tendenza musicale che l'ha invece scarnificata con più ferocia. Da un lato il nome di chi guardava con aria derisoria le canzonette (così come Bach definiva l'opera) consapevole di star attuando una rivoluzione e dall'altro il nome di chi alle canzonette è condannato perché il disastro nucleare è come se fosse già avvenuto e come se nessuna rivoluzione avesse più senso.

Questo è "More Lovely and More Temperate", un'enorme presa in giro all'arte, e a ciò che è diventata. Al suo interno convivono bossa nova e shoegaze, baroque pop e surf-punk, clavicembali e sintetizzatori, ritornelli orecchiabili e tempeste rumoristiche che indurrebbero persino un sordo ad invocare pietà. Johann Sebastian Punk è l'interprete della fine della musica, della morte dei generi musicali, è un saltimbanco, un burattino e un eroe decadente intenzionato a riportare un'immagine universale di bellezza laddove a questa è stato sostituito grigio e sordido provincialismo. "More Lovely and More Temperate" è un disco in cui si celebra l'artefazione e si condanna la sincerità espressiva.

È un disco fieramente arrogante e incoerente e per questo puro, profondo, futurista poiché tale albagioso motteggiamento dell'arte musicale avviene attraverso la narrazione delle fragilità e delle pulsioni più tipicamente umane: è un disco che parla di amore, di morte, di pazzi, di suicidi, di ricerca della felicità, di rifiuto. E lo fa sempre con un piglio amaramente autoironico.

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    creato:lunedì 25 agosto 2014
    modificato:mercoledì 10 settembre 2014