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L'Italiana in Algeri

Dramma giocoso in due atti di G. Rossini su libretto di A. Anelli.
Prima rappresentazione: 22 maggio 1813, Teatro di San Benedetto di Venezia. Questo primo capolavoro comico primo atto di un'ispirata trilogia, con Il Barbiere di Siviglia e La Cenerentola che seguono di tre e quattro anni rispettivamente, fu composto da Rossini in 24 giorni.
L'angustia dei tempi, connessa al costume operistico dell'epoca è la principale causa della scelta di Rossini di adoperare, rimaneggiandolo, un libretto già compilato per un'opera (il compositore fu Luigi Mosca) eseguita con successo alla Scala cinque anni prima; è la causa, inoltre, della difficile e discussa attribuzione in sede critica di taluni dei 16 numeri non autografi della partitura (particolarmente l'aria di Haly), mentre certamente non di Rossini sono i recitativi secchi, sempre presenti all'interno di ciascun numero, eccetto che nel finale I e nel finale II. La fortuna di quest'opera fu immediata e numerose rappresentazioni furono allestite in tutta Italia nel secolo scorso. Uscita dai repertori del primo Novecento, l'opera ha ricominciato a godere dei favori del pubblico solo negli anni '70, grazie anche all'uscita dell'edizione critica a cura della "Fondazione Rossini".
 
Trama:
L'azione si svolge presso il palazzo del bey d'Algeri.
Atto I. Mustafà bey d'Algeri, è stanco della moglie Elvira. Decide, dunque, di darla in sposa ad uno schiavo italiano, Lindoro, ed ordina a Haly, capitano dei corsari algerini, di trovargli una schiava italiana che allieti le sue giornate noiose. Haly coglie subito l'occasione che gli è offerta dalla cattura di un vascello italiano che trasporta, fra gli altri, la bellissima Isabella, in cerca dell'amato Lindoro. Con Isabella è l'amico Taddeo di lei innamorato. Condotta con questi presso il bey, Isabella non si perde d'animo e finge di accettare di buon grado le attenzioni di Mustafà per trarre vantaggio dalla situazione. Per prima cosa, riesce infatti, a dissuadere il bey dal proposito di liberarsi per sempre dalla moglie imbarcandola con Lindoro sulla nave che è pronta a partire per l'Italia.
Atto II. Isabella riesce ad incontrarsi con Lindoro e a concordare un piano di fuga. Taddeo, intanto, creduto sempre lo zio di Isabella, viene insignito del titolo di "Kaimakan", luogotenente, in cambio dell'aiuto che dovrà dare a Mustafà per conquistare il cuore della nipote. Mustafà ordina a Lindoro di condurre Isabella alla sua presenza e a Taddeo, secondo i patti precedentemente suggellati, di levarsi di mezzo al segnale stabilito. Giunge Isabella ma non è sola: si fa accompagnare da Elvira che spera ancora di riconquistare il marito. Taddeo non accenna a farsi da parte, nonostante i ripetuti segnali di Mustafà. Isabella, Elvira e Taddeo intanto prendono tempo per permettere per permettere a Lindoro di mettere in azione il piano: egli proclama solennemente che Isabella vuole insignire il bey dell'onorificenza italiana del "Pappataci", un ambito titolo che spetta solo ai grandi amatori: per ottenerlo Mustafà deve giurare di non vedere e di non sentire nulla e di pensare solo a mangiare e a bere. Viene allestita la cerimonia della vestizione alla quale parteciperanno - così Isabella ha richiesto ed ottenuto - tutti gli schiavi italiani. Fedele al giuramento, Mustafà non si accorge che Isabella, Lindoro e Taddeo si sono imbarcati con tutti gli schiavi. Salpa la nave e solo allora il poveretto si rende conto della burla che gli è stata giocata. Rimasto vittima della stessa arguzia che tanto aveva desiderato trovare in una donna, Mustafà ritornerà da Elvira che lo aspetta a braccia aperte.

Gli schemi, i soggetti e le situazioni comiche rossiniane sono normativamente gli stessi dell'opera comica settecentesca; tuttavia la nuova comicità di Rossini sembra scaturire da un senso realistico della vita quotidiana di cui il musicista coglie il ritmo e lo immette crudelmente negli schemi, lo sovrappone alla convenzionalità dei sentimenti e lo sostanzializza in un meccanismo linguistico-musicale capace di suscitare un concreto moto psicologico: il riso. La comicità musicale di Rossini consiste quasi sempre nella "deformazione" ritmico-melodica della parola, di certe parole caratterizzanti un'azione scenico-musicale. Rossini non adatta mai il ritmo alla scansione metrica della parola, bensì riduce l'articolazione sillabica della parola alla logica del ritmo musicale, la sottopone all'inesorabile struttura spazio-temporale della simmetria ritmica.
Magazzini Sonori
Proprietà dell'articolo
creato:martedì 25 marzo 2008
modificato:martedì 25 marzo 2008